I LUOGHI DELLA CERAMICA

LUCUGNANO (TRICASE)

Della tradizione ceramica nel territorio di Lucugnano (frazione di Tricase) vi è traccia sino a fine 800 con esemplari destinati all’uso quotidiano. In particolare, come racconta l’intellettuale salentino Nicola Vacca negli anni 50, “sino alla fine del secolo scorso ed anche ai principi di questo si vedevano un po’ dovunque di queste ceramiche che decoravano le case dei contadini e del ceto medio, nonché le case patrizie e le spezierie e le farmacie dei nostri paesi”. E ancora, riferendosi al territorio salentino, Vacca racconta che “giarre e cucchi, piatti e bottiglie, boccali e albarelli, acquasantiere e mattonelle e vasi vari allietavano con la loro fantasiosa e splendente policromia le nostre case.” La ceramica aveva, per alcuni territori della Terra d’Otranto come Cutrofiano, Lucugnano, San Pietro in Lama e Grottaglie, non solo una valenza etnografica e artistica, ma anche una valenza economica, poiché i “lavori di creta” erano tra i mestieri più diffusi alla fine del 1700.

Con l’avvento del Liberty e degli stampi a serie, la tradizione figulina cominciò poi a calare in tutta la Terra d’Otranto e “la ceramica autoctona singola ed ingenua fu sostituita da quella fatta a serie e a stampo”.

La ceramica salentina aveva prevalentemente carattere popolare, e solo in alcuni casi erano evidenti “influenze di altri centri o elementi che arieggiano alla ceramica illustre”. La produzione era spesso caratterizzata da colori vivaci e dai motivi decorativi più diversi, spontanei, “liberi da schemi e da scuole e da presupposti teorici”. 

Consultando le fonti disponibili, la ceramica di Lucugnano appare come una ceramica ben decorata e “grossolana di uso comune”. Ma sulla tradizione ceramica di Lucugnano c’è ancora tanto da studiare e da classificare, sia dal punto di vista scientifico che artistico, e l’auspicio è che questi approfondimenti avvengano quanto prima, poichè la tradizione ceramica è davvero un patrimonio identitario in grado di raccontarci la “poliedrica anima salentina”. Ne è convinto l’attuale sindaco del borgo, Antonio De Donno, che sta infatti lavorando su questo e sul progetto di un Museo della Ceramica.

Riferimenti bibliografici e fotografici:
Nicola Vacca, Saggio storico sulla moderna ceramica salentina, in Rinascenza Salentina, 1937, n. 4
Nicola Vacca, La ceramica salentina, Lecce, 1954

SAN PIETRO IN LAMA

Nella tavola che raffigura la “Sallentina Peninsula”, affresco del 1500 che trova tuttora spazio nella Galleria delle Carte Geografiche dei Musei Vaticani, è indicata l’ubicazione di San Pietro dell’imbrice.

I cosiddetti embrici erano le tegole in terracotta che la comunità di San Pietro in Lama produceva in gran quantità. Il territorio di San Pietro infatti era “situato nel cuore della Cupa, quell’area caratterizzata da una depressione naturale del terreno compresa tra Lecce, Novoli, Campi, Carmiano… in cui San Pietro in Lama ne occupa la parte più bassa, dove la fertilità dei terreni, l’abbondanza di acque a poca profondità, la presenza di argilla e di ottimi materiali da costruzione… hanno agevolato le dinamiche insediative…”.

Quindi per gli assi viari frequentati dalla comunità salentina del 1600 quella di San Pietro era una posizione geografica strategica. Era un feudo molto piccolo, ma circondato da banchi di argilla di diversi tipi, giallastra in località S.Anna e turchina in località “Purtune russu”. La produzione serviva non solo Lecce, ma anche altri territori dell’Italia Meridionale. 

È del 1750 la produzione del boccale “a sorpresa” di Pietro Pascali, artigiano ceramista di San Pietro in Lama. Il manufatto è tuttora conservato presso il Museo Castromediano di Lecce ed è un esemplare firmato dall’artigiano che riporta la filastrocca del “gioco della passatella”, e dimostra che a San Pietro non si producevano solo mattoni e tegole, appunto “imbrici”, ma anche oggetti di ceramica d’uso e da dispensa come piatti e boccali smaltati e decorati.

Fervida nel territorio pugliese sin dai tempi dei Messapi e della Magna Grecia, nell’Ottocento la produzione pugliese di ceramica cominciò invece a manifestare segni di decadenza produttiva, un po’ come avvenne per altre forme artigianali tradizionali (dalla tessitura all’intreccio, dalla sericoltura all’oreficeria), che subirono gli esiti della crisi economica e la scarsità delle materie prime. Pochi centri in Puglia resistettero alla crisi: Grottaglie, San Pietro in Lama e Cutrofiano tra questi, tutti in Terra d’Otranto.

A San Pietro in Lama, ruolo determinante ebbe l’iniziativa imprenditoriale della Manifattura Paladini (1870), la prima “fabbrica industriale per la produzione di ceramica” in Puglia. 

Determinanti per la fortuna aziendale furono: la visione lungimirante del suo titolare Angelantonio Paladini, la manodopera specializzata per la lavorazione dei mattoni (proveniente dalla scuola napoletana), l’introduzione nel Salento della prima locomobile (macchina a vapore utilizzata sia per la produzione dei mattoni sia per il grano), e la disponibilità dei banchi d’argilla circostanti, in una fabbrica che si estendeva per circa 3000 mq. La fabbrica Paladini produceva stoviglie, oggetti decorativi da giardino, articoli sanitari, ma anche pavimenti, arredi cimiteriali e busti, e persino targhe viarie (che realizzò anche per il Comune di Lecce). La produzione avveniva esclusivamente con argilla locale. A fine 1800 la fabbrica divenne lo stabilimento più valido in tutta la Regione, tanto che molti tornitori, scultori, disegnatori e manovalanti salentini trovarono lavoro presso la Manifattura, come era negli intenti originari del titolare, quello di formare gli artigiani del territorio. Va da sé che l’attività della Paladini alla fine del XIX secolo ebbe un’incidenza rilevante sui numeri degli atelier ceramici individuali registrati a San Pietro. Basti pensare che l’azienda contava più di 150 impiegati nel 1875.

È importante spiegare che la fabbrica non tolse lavoro ai singoli artigiani, perché le committenze di una e degli altri erano molto diverse tra loro. La fabbrica lavorava prevalentemente per una clientela raffinata e ricercata, gli atelier artigianali lavoravano per la comunità del posto prevalentemente con stoviglie d’uso comune. 

La fabbrica lavorò molto bene producendo fino a 250.000 pezzi mensili nel 1874, come testimonia Cosimo De Giorgi. Subì poi un decremento produttivo nel 1880, per poi registrare un momento di ripresa per qualche altro anno, finchè l’azienda non fu compromessa dall’usura, piaga molto diffusa all’epoca. 

A contribuire alla crisi del settore ci pensò l’introduzione dei materiali plastici negli anni 50 del Novecento.  

Oggi a San Pietro in Lama sono ancora attive una decina di botteghe che lavorano la ceramica come professionisti o come amatori, essendo una tradizione molto sentita dalla comunità. Il Comune è riconosciuto dalla Regione Puglia come una delle 6 Città della Ceramica pugliesi, e organizza numerose attività di avvicinamento al mondo della ceramica per la propria comunità, ma anche per i turisti, e investe sulla promozione di questa tradizione in occasione di fiere ed eventi internazionali, tra cui “Ceramica, cibo e corti”, evento gastronomico e artigianale che attira annualmente migliaia di turisti nel mese di Luglio.

È in divenire la progettazione di un Museo della Ceramica presso il Palazzo Caroli nel centro storico del paese, in cui possano trovare spazio le attività di valorizzazione della tradizione ceramica che il Comune già rivolge ai suoi concittadini, coinvolgendoli sin dalla tenera età con corsi di modellazione al tornio e decorazione. Come ci racconta l’attuale sindaco Vito Pietro Mello, la progettualità legata al Museo della Ceramica descrive un luogo in cui connettere passato, presente e futuro, affinchè la ceramica continui ad essere elemento identitario e motivo di orgoglio per la comunità locale di San Pietro e non solo. 

Riferimenti bibliografici e fotografici:
A.Costantini e I.Laudisa, Tre secoli di ceramica a San Pietro in Lama, Galatina, Editrice Salentina, 2012
A.Monte, SALENTO L’Arte del produrre, Edizioni Grifo, 2012